Contenuti
Puglia, una terra di grandi tradizioni
Quando si parla della
Puglia pensiamo subito al sole, alla buona tavola o ai chilometri di spiagge a tratti esotiche. Eppure, esiste anche una Puglia nascosta, arcaica e soprattutto magica. La Puglia trasuda
millenni di storia e di storie che affondano le radici nella notte dei tempi. Un’atmosfera magica avvolge questa regione d'Italia, dove il passato sposa la contemporaneità e si conservano intatte
antiche tradizioni popolari e religiose.
La devozione per i santi patroni, per le superstizioni popolari e per le usanze arcaiche anima coreografiche
celebrazioni e feste, che colorano paesi e città con mille luci e suoni. Qui le usanze di una volta si perpetuano nei
riti, legati al raccolto e alla pesca, al lavoro dei maestri artigiani, alla
musica e alle
danze popolari, nonché al mondo agricolo e alla preparazione delle specialità alimentari e gastronomiche.
Oggi ci tuffiamo ancora più in profondità in tutto questo, per conoscere meglio questa splendida regione e apprezzarne le peculiarità: approfondiremo i
dialetti che si parlano in Puglia, le feste tipiche più famose e la danza popolare salentina per eccellenza, vale a dire la
pizzica o taranta, che negli ultimi anni è diventato un fenomeno di costume che ha travalicato i confini regionali e a cui, ogni estate, viene consacrata una tanto importante quanto allegra manifestazione musicale.
Dialetti pugliesi e dialetti salentini
La Puglia è un vero mosaico linguistico e pertanto una regione molto interessante per gi studiosi dei dialetti, o anche solo per gli appassionati e curiosi della materia. I numerosi dialetti parlati in Puglia sono classificati entro due gruppi fondamentali, nettamente distinguibili soprattutto sotto il profilo fonetico. Iniziamo dai
dialetti pugliesi propriamente detti. Si parlano nella parte centro-settentrionale della regione e dal punto di vista strettamente linguistico si fanno appartenere alla
famiglia dei dialetti meridionali italiani, di cui fanno parte anche quelli campani, lucani, abruzzesi e molisani, e comprendenti il barese, il foggiano e le loro varianti comunali oltre al dialetto garganico.
Discorso diverso nel Salento, dove si parla invece
il dialetto salentino. Per le sue caratteristiche, gli studiosi della lingua ritengono debba essere considerato parte della
famiglia dei dialetti meridionali italiani estremi insieme al siciliano e al calabrese, quindi una famiglia dialettale diversa da quella dei dialetti pugliesi. Ancora, il dialetto salentino è a sua volta classificabile in leccese, brindisino, magliese-otrantino, leucadeo e gallipolino. Il dialetto tarantino e quelli di altri centri lungo la direttrice Taranto-Ostuni possono essere classificati come
dialetti di transizione apulo-salentina.
Una peculiarità linguistica della Puglia è inoltre la presenza di
piccole isole linguistiche nelle quali si parlano addirittura idiomi non riconducibili al gruppo delle lingue neolatine. Il griko ad esempio è diffuso nella Grecìa salentina; è una lingua derivata dal greco, la cui diffusione nel Salento è fatta risalire a insediamenti bizantini o addirittura a colonie della Magna Grecia. L'arbëreshë invece è derivato dalla lingua albanese, è parlato nel tarantino a San Marzano di San Giuseppe e sul Subappennino dauno a Casalvecchio di Puglia e Chieuti; è l'esito dell'emigrazione dall'Albania, storicamente avvenuta tra il XV° e il XVIII° secolo. Infine, nei comuni subappenninici di Celle di San Vito e Faeto, è presente l'unica minoranza francoprovenzale (o arpitana) dell'Italia peninsulare, attestata dal 1566 ma risalente forse al XIII° secolo.
Il folclore pugliese: feste tipiche e danze popolari
Un altro aspetto che consente di cogliere al meglio il folclore pugliese è senza dubbio quello delle feste tipiche, che conservano evidenti tracce delle tradizioni popolari e hanno contribuito in modo decisivo negli ultimi anni a rendere la Puglia una meta turistica di gran richiamo. Tra le feste pugliesi più note c'è
il Carnevale della città di Putignano. Si tratta del carnevale più famoso della Puglia e tra i più antichi d’Italia, in cui spicca la maschera caratteristica detta Farinella, nome derivante proprio dalla pietanza tipica di Putignano. I festeggiamenti cominciano con le “propaggini” già da Santo Stefano e terminano con la sfilata di carri allegorici in febbraio. Dal 2006 si tiene anche un’edizione estiva.
Ma in tema di feste tipiche ed eventi, non possiamo non citare in questa sede la famosa
“La notte della Taranta”, che è la manifestazione più importante dell’intera penisola salentina. Questo
festival musicale itinerante, nato come celebrazione della pizzica, unisce grandi interpreti del panorama italiano e svariate sonorità che vanno dal world music al jazz, al folk al rock. L’evento prevede una serie di concerti che si svolgono
nel mese di Agosto in una quindicina di paesi salentini e si conclude con il concerto finale cui fa da quinta il convento di Melpignano: per questa occasione arrivano in Salento
fino a 400 mila spettatori, con una scaletta musicale caratterizzata dal susseguirsi di interpreti sempre più famosi.
La pizzica (o taranta) è una danza popolare pugliese
di particolare interesse antropologico, propria del Salento e del tarantino, che si balla in coppia tra individui non necessariamente di sesso opposto. Un tempo, oltre che nelle occasioni di festa, essa veniva eseguita per giorni nell'ambito dei riti di guarigione delle tarantate, ossia delle donne che si credeva fossero state morse dalla tarantola. Vediamo più nel dettaglio quali ne sono le curiose origini.
La pizzica, da Bacco al morso della tarantola
Oltre al carnevale, la Puglia è nota pure per le sua tipica
danza popolare: stiamo parlando della pizzica, una tradizione molto sentita soprattutto
nelle zone di Taranto e di tutto il Salento, ma diffusa pure in altre aree della Puglia. La pizzica appartiene a quel filone di danze tipiche dell’Italia meridionale che solitamente vengono indicate come “tarantelle”.
Si tratta di balli aventi
origini molto antiche, nati come pratiche relative al culto ed alla venerazione del dio Dioniso. Durante i festeggiamenti, le popolazioni si lasciavano andare pubblicamente a comportamenti sfrenati e licenziosi, aiutati dall'effetto inebriante del vino (Dioniso a Roma era identificato appunto con Bacco). Con il passare del tempo, la pizzica subì un’
evoluzione concettuale e venne associata non più ai festeggiamenti in onore di Dioniso, bensì, al morso delle tarante, per il quale essa sembrava essere l’unica cura in grado di alleviarne gli effetti.
Gli studi compiuti dall'etnologo Ernesto De Martino, e confluiti nel fondamentale saggio "La terra del rimorso" (1959), hanno indagato
il fenomeno del tarantismo mostrandone i nessi con l'isteria, l'epilessia, la depressione. Il Salento era una terra di contadini che, lavorando i campi e trascorrendo gran parte della loro vita in mezzo alla terra, rischiavano di imbattersi in differenti tipi di animali e di venire
morsi dalla tarantola. Ricevuto il morso, a quel punto vuole la tradizione che la medicina ufficiale fosse completamente inutile: il tarantato entrava in una sorta di stato di trance e l’unica reazione che riusciva a manifestare era una danza isterica al ritmo del tradizionale tamburello salentino, seguito dal violino.
La pizzica non era quindi solamente
un ballo di festa di comunità o di famiglie, ma rappresentava un vero e proprio
strumento di guarigione nel contesto di riti etnocoreutici del tarantismo. Sebbene il fenomeno del tarantismo possa ritenersi ormai estinto, la
musica che lo accompagna negli ultimi anni è stata oggetto di una
straordinaria riscoperta che ha travalicato i confini regionali. Oggi le più grandi manifestazioni legate alla tradizione del tarantismo sono la festa di San Rocco a Torrepaduli, che si tiene a ferragosto, in cui si suona e si balla la pizzica da mezzanotte all’alba, e
“La Notte della Taranta” a Melpignano (sempre in Agosto) in cui musicisti provenienti da tutto il mondo provano a suonare assieme ai gruppi tradizionali locali.