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Thailandia: i templi da visitare almeno una volta nella vita

Thailandia - 14.09.2022

Abbiamo scelto cinque tra gli oltre quarantamila templi che caratterizzano la realtà spirituale thailandese

Contenuti

 
Il buddhismo di matrice thailandese svolge un ruolo fondamentale nella quotidianità della popolazione locale, la cui spiritualità ha un peso determinante nella cultura del paese.  

Oltre il 90% degli abitanti segue Buddihsmo Therevada (una branca del Buddhismo Hinayana), che viene praticato all’interno di templi denominati wat. Ricche decorazioni e stili architettonici di diverso tipo caratterizzano i circa 40mila edifici religiosi sparsi in tutta la Thailandia. Al loro interno è possibile trovare immagini di Buddha e dipinti murari che narrano storie del Ramakien, poema indiano rivisto in chiave thailandese, e del Jataka, raccolta di 547 storie delle vite anteriori del Buddha storico.

Sebbene siano tutti differenti, nella maggior parte di loro sono presenti un chedi (una sorta di pagoda, tendenzialmente dorata, ma anche in pietra, in cui sono custodite le reliquie buddhiste) e un prang (torre conica nello stile Khmer con un'ampia base).

La peculiarità e il fascino dei templi in Thailandia è la varietà di stili e forme con cui sono stati pensati ed edificati, rendendo particolarmente appagante un tour alla ricerca degli innumerevoli luoghi di culto sparsi per il paese.

Abbiamo scelto cinque templi che, architettonicamente, artisticamente e storicamente, sono portatori di incredibili suggestioni.


Wat Rong Khun

Wat Rong Khun

Nel 1997 l’artista Chalermchai Kositpipat ha un’intuizione: rivoluzionare i colori che solitamente caratterizzano i templi thailandesi, privando completamente di colorazione la propria struttura. Il tempio perde ogni connotato cromatico e diventa bianco, raffigurando idealmente il concetto di purezza spirituale. Edificato fuori dalla città settentrionale di Chiang Rai, il tempio ha un aspetto esteticamente sbalorditivo, che lo fa apparire agli occhi dei visitatori come un castello cosparso di neve.

La struttura è ricoperta di schegge di vetro e presenta decorazioni che riproducono scene della mitologia buddista. Il colore bianco indica dunque la purezza del Buddha, mentre il vetro ne mette in risalto la saggezza e il Dhamma, principale insegnamento buddista.

La visita al tempio prevede l’attraversamento di un ponte, costellato da riproduzioni di mani tese, in posizione di disperazione e supplica. Sono presenti inoltre decorazioni in rilievo che simboleggiano l’ossessione dell’uomo per il possesso di beni materiali. Questa prima area è il simbolo dell’inferno, voragine senza speranza e fine di desideri e voglie dell’uomo. Una volta superato l’”inferno”/ponte si viene accolti dalle statue dei guardiani del cielo.

Da questo punto non si può più tornare indietro, le guardie del tempio non lo permettono. Perché l’attraversamento del ponte con l’approdo in paradiso sottolinea il percorso buddhista proiettato all’illuminazione. Si accede così all’ubusot, la cappella principale, in cui un altoparlante annuncia di non fermarsi, per non cadere in tentazione e ascendere ai cieli. Sulle pareti sono presenti scene del samsara, dottrina inerente il ciclo vitale secondo cui l’uomo, accumulato karma negativo, rinasce ad un livello inferiore di esistenza, macchiata dalla sofferenza.

Wat Arun

Wat Arun

Il Wat Arun è uno dei templi più amati e antichi della Thailandia. Come molti edifici sacri del paese, ha una sua peculiarità che lo rende unico. Alte guglie ornate (dette prangs) aumentano esponenzialmente la verticalità del tempio, estendendolo simbolicamente verso il cielo. La più alta delle guglie, posizionata al centro dell’edificio, raggiunge gli 86 metri, mentre le altre si trovano ai quattro angoli. Le alte estensioni rappresentano le cinque montagne in cui dimoravano gli dei, seguendo la cosmologia khmer. Il prang più alto simboleggia il Monte Meru, montagna sacra della mitologia induista e buddhista.

Il tempio venne reso un luogo sacro durante il XVIII secolo, quando il re Taskin spostò qui la statua del Buddha di smeraldo, poi trasferito a Wat Phra Kaew. Durante il regno di Rama II, il Wat Arun subì grandi modifiche e fu rinnovato: le guglie in particolar modo furono ricoperte con migliaia di pezzi di porcellana, provenienti dal carico di una nave britannica naufragata. La porcellana crea spettacolari giochi di luce quando sorge il sole e, proprio per questo, il tempio è stato ribattezzato “il Tempio dell’Alba”.

Wat Arun è così importante che una sua immagine si trova sulla moneta da 10 baht della Thailandia.

Wat Phra Kaew

Wat Phra Kaew
Wat Phra Kaew è in assoluto il tempio più importante della Thailandia. Ubicata nella cinta del Palazzo Reale, la struttura si compone di diversi edifici, ma è nell'ubosoth centrale che si trova la statuetta del Buddha di smeraldo, idolatrata e venerata in tutto il paese. La storia del Buddha di smeraldo è affascinante e piena di incredibili colpi di scena: secondo la leggenda, fu eseguito in India nel 43 a.C. e qui rimase 300 anni prima di essere trasportato nello Sri Lanka. Nel 457, il sovrano della Birmania lo volle per aumentare gli adepti al buddhismo Therevada nel suo paese. La nave che lo stava trasportando in Birmania naufragò e la statua finì nelle coste dell’Impero Khmer, in Cambogia. Quando nel 1353 i siamesi occuparono Angkor, la capitale khmer, il Buddha di Smeraldo peregrinò ancora: prima ad Ayutthaya, poi a Kamphaeng Phet, successivamente in Laos e infine a Chiang Rai, in cui il re locale lo nascose e terminò in Thailandia il suo viaggio in giro per l’intera Asia.  Ma anche in Thailandia la statuina venne continuamente spostata da un tempio all’altro, fino al 1784 in cui il monarca Rama I lo collocò definitivamente nel padiglione principale del Wat Phra Kaew, all’interno del Grande Palazzo Reale.
 
Alta 66 centimetri e realizzata con un unico blocco di giada, la statua sacra può essere toccata solamente dal Re thai in tre cerimonie annuali ed è posizionata su un trono in legno intarsiato e dorato. I tre eventi cerimoniali, molto sentiti dalla popolazione locale, coincidono con l’alternarsi delle tre stagioni thailandesi, Marzo, Luglio e Novembre, e in quest’occasione viene effettuato il cambio degli abiti del Buddha. Oltre alla preziosa statua, nel tempio si trovano due sculture di enormi demoni Yak, alti cinque metri. Gli affreschi dei muri raffigurano la cosmologia buddhista e scene della vita di buddha.

Wat Pho

Wat Pho

Wat Pho è inserito nella ristretta lista dei sei templi reali che vantano il grado più alto all’interno della prima classe. Fu edificato intorno al 1700, durante il regno di re Phetracha e inizialmente fu utilizzato come centro per l’insegnamento della medicina thai, custodendo all’interno statue che riproducono posizioni yoga. Divenne uno dei templi principali di re Rama I, le cui ceneri sono custodite all’interno della struttura, che è il più grande e antico complesso di Bangkok.

Nel 1832 venne costruito e posizionato qui il monumento più importante del Wat Pho: la statua del Buddha sdraiato, mastodontica icona della Thailandia tout court, lunga ben quarantasei metri e alta quindici metri. La posizione suggella la fase di passaggio dalla morte al Nirvana. I piedi presentano splendide decorazioni in madreperla, raffiguranti 108 ‘laksanas’ (caratteri e segni) di buon auspicio. Il numero è considerato sacro nel buddhismo e rimanda alle 108 azioni positive che hanno portato il Buddha alla perfezione. Intorno alla statua ci sono altrettanti contenitori di bronzo ed è usanza comune far cadere monete all’interno delle ciotole. Un cestino di monete può essere acquistato all’entrata nel tempio e il gesto, oltre a garantire una donazione ai monaci, si dice venga ricompensato con grande fortuna. Onorando le sue origini, Wat Pho è l’università più importante in cui imparare la medicina tradizionale e il celeberrimo massaggio thailandese.
 

Wat Pa Maha Chedi Kaew

Wat Pa Maha Chedi Kaew

Come abbiamo visto in questo articolo, i templi thailandesi sono esempi fulgidi della cultura thailandese e, non per forza, hanno alle spalle una storia secolare. Come per il Tempio Bianco, anche il Wat Pa Maha Chedi Kaew è recente, ma il suo appeal turistico cresce ogni anno, grazie alla singolarità del modus operandi con cui è stato costruito l’intero complesso.

Il tempio infatti è stato costruito con oltre 1,5 milioni di bottiglie di birra riciclate! Negli anni ottanta i monaci buddisti stavano cercando un modo per velocizzare ed aiutare lo smaltimento dei rifiuti, aiutando il distretto di Khun Han della provincia di Sisaket ad avere una condotta più propensa all’etica ambientale.
 

Nel 1984 i monaci hanno iniziato la raccolta di bottiglie di due colori: verdi di Heineken e marroni di Chang, esattamente le due tonalità che colorano pittorescamente il tempio.
La costruzione del tempio principale è continuata per oltre due anni, ma si è continuato a edificare, continuando ad utilizzare le bottiglie. Nel 2009 circa 20 edifici erano stati costruiti in modo simile, riducendo l’emissione di anidride carbonica e non aumentando la mole di rifiuti nelle discariche locali. Oltre alle bottiglie, sono stati utilizzati anche i tappi, che sono serviti per la realizzazione di mosaici. Un vero e proprio virtuoso esempio di architettura sostenibile.

Un aneddoto rende tutto ancor più sorprendente: nel 1964 Alfred Heineken progettò la Wobo-la world bottle, la cui forma era ideata proprio in prospettiva di un riutilizzo della bottiglia in chiave edilizia, con l’idea che potessero costruire case per i ceti meno abbienti. Il progetto non decollò a causa di problemi tecnici accorsi durante la prima produzione. Ma il sogno di Heineken è stato poi realizzato grazie al Wat Pa Maha Chedi Kaew!

 


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